Nella nautica, la progettazione di una carena per una imbarcazione, qualunque essa sia, assume una importanza capitale, vuoi per la tipologia di armatore che si deve soddisfare, vuoi per lo scopo a cui l’imbarcazione stessa deve essere adibita.
In sostanza, già dai tempi più remoti, l’uomo ha cercato di imitare e simulare il nuotare dei pesci nel loro elemento naturale: il mare.
Questo modo di ragionare, non ha sempre portato buoni frutti, infatti, l’elemento acqua va considerato, nel progettare una carena, soltanto per la parte immersa della imbarcazione, vale a dire per quella che in gergo tecnico si chiama “opera viva”.
Al contrario, per la parte emersa, “opera morta”, è possibile sbizzarrire i designer, a patto che rispettino le altezze delle sovrastrutture che poi partecipano alla stabilità della imbarcazione.
Per tornare alle carene esistono almeno quattro fondamentali categorie di carene, la prima per le barche a vela, poi per i gommoni, ed in ultimo le carene dislocante e planante per i Motor Yacht.
Per quanto riguarda le barche a vela, il disegno di carena deve essere armonizzato con il bulbo, che si pone come contrappeso alla alberatura, e nei moderni progetti deve soddisfare le pinne laterali e i foil, che rendono queste barche molto più simili a idrovolanti piuttosto che a imbarcazioni tradizionali.
Di solito, in queste carene, il diritto di prua è verticale, e questo per aumentare la superficie immersa, con miglioramento della stabilità.
Negli ultimi tempi, il profilo della carena delle imbarcazioni a vela molto veloci, tipo quelle partecipanti alla Volvo Ocean Race, sono state disegnate con profili affilati in prua e degradanti verso la poppa quasi piatta e molto larga con il fine di ottenere un effetto cuneo con una grande penetrabilità nel fluido.
Progetti simili si ritrovano oggi sui gommoni di medio-grandi dimensioni, dove le carene sono in VTR e di solito degradanti verso una piatta poppa, come da tradizione per questi mezzi.
Questo escamotage ha consentito ai costruttori di RIB, di poter utilizzare anche super motorizzazioni, impensabili fino ad un decennio fa, laddove il problema della prua piatta non consentiva di fendere l’acqua e quindi di aumentare le velocità.
Questi disegni di carena avanzati per i RIB, sono stati mutuati dall’impegno tecnico e progettuale dei costruttori di barche tra i 24 e i 30 piedi, quei mezzi cioè impiegati per le brevi crociere e che, spesso, necessitavano di buone velocità per gli spostamenti di giornata.
Si sino cominciati a vedere così carene ad ali di gabbiano o con i “redan” centrali, sorta di ostacoli al flusso laminare del fluido, che tuttavia consentono, indirizzando il flusso in basso verso le zone poppiere, di innalzare la prua consentendo alte velocità evitando il fastidioso fenomeno del “delfinare”, cadere cioè ritmicamente, nel ventre dell’onda, dopo essere saliti sulla cresta.
Dai 28-30 piedi in poi le carene dei MY possono assumere due differenti tipologie, sia che si desideri una crociera tranquilla e basse velocità di media, con relativo calo dei consumi, sia che si voglia una impronta più sportiva o maggiormente dedicata alla pesca, con più alte velocità ma aumentati consumi.
Di solito le carene dislocanti presentano un diritto di prua verticale o, addirittura, invertito su alcuni mega yacht, con disegni e profili piuttosto morbidi che tendono a fendere l’acqua senza spostarne una gran massa, ma che, proprio per questo motivo, non consentono alte velocità.
Le carene plananti o anche semi plananti, presentano invece, prue allungate che in avvio escono in cabrata e che poi si poggiano delicatamente sull’onda quasi volandoci sopra.
L’uso dei flap posteriori, in questi casi, consente di controllare la cabrata, regolando l’appoggio corretto della prua sull’acqua, controllare la forma della scia aiuta ad utilizzare correttamente i flap.
Alcuni semi plananti hanno diritti di prua verticali per sfruttare entrambe le modalità di navigazione, forse è una moda, ma comunque interessante e fonte di nuove idee.